Da qualche tempo ormai si parla di biodiversità e dell’importanza dell’attività pastorale a favore dell’ambiente e del paesaggio. Ma quali sono i rapporti che si sono instaurati o che si instaurano tra il pascolare dei domestici e le comunità animali che abitano i pascoli naturali e semi-naturali?
Gli habitat pascolivi attuali sono costituiti da preesistenti aree steppiche (steppe primarie) che i estendono ininterrottamente per più di 8000 Km, dal bacino del Danubio sino all’Estremo Oriente, e da aree “modificate” dall’azione antropica attraverso il taglio, il fuoco e successivamente il pascolo (pascoli secondari o semi-naturali).
La parola “transumanza” deriva dal verbo transumare, ossia “attraversare”, “transitare sul suolo”. Il verbo è costituito con l’accostamento del prefisso latino trans che vuol dire “al di là”/”attraverso”, e della parola latina humus che vuol dire “suolo”/”terreno”.
Un’alternativa e più complessa etimologia semitica è stata proposta per spiegare la parola: si riferisce all’accadico taru (“andare attorno”, “girare”, “volgersi”, “andare e tornare”), accadico ummanu (“popolo”, “nazione”, “gente”, “uomini”) e il pronome indicativo accadico anaforico ša, aramaico zi (“quello”)[4].
Il più antico cammino della transumanza pare sia quello della val Senales risalente alla preistoria. transumanza da alcuni anni è diventata un momento di animazione delle vallate grazie alle feste, che permettono di riscoprire il territorio e i mestieri legati alla pastorizia.
Fatta eccezione quindi per le steppe primarie dell’Est Europa e per le praterie alpine d’alta quota, i restanti habitat di prateria del Paleartico occidentale si sono generati come conseguenza dell’intenso impatto umano sulle foreste, per mezzo di vasti incendi e di massiccia deforestazione, che ha accompagnato l’espansione dell’agricoltura e della pastorizia tra il 7500 ed il 4500 a.C.. Tali modificazioni ambientali proseguono tuttora ed hanno portato alla formazione di aree aperte pascolive a scapito della copertura boschiva (Goriup, 1988; Suàrez et al., 1996, 1997; Suàrez, 1994; Tucker & Dixon, 1997). Ad oggi più del 50% della superficie paleartica è costituita da questi ambienti pascolivi (Tucker & Heath, 1994; Tucker & Dixon, 1997).
Tuttavia, ai fini della diversificazione dell’ambiente, che si esplica attraverso la presenza di più habitat, l’incremento dei pascoli ad opera dell’uomo ha prodotto effetti positivi sulla diffusione della fauna e della flora proprie della steppa primaria, le quali dai centri originari di distribuzione in Asia ed in Nord Africa hanno colonizzato i pascoli secondari (Goriup, 1988; Tucker & Dixon, 1997; Suàrez, 1994, 2004).
Negli ultimi decenni, però, i rapidi cambiamenti sociali ed economici, nonché la riorganizzazione del mondo agricolo, stanno portando ad una significativa regressione delle comunità faunistiche tipiche dei pascoli, causando un generalizzato declino di molte specie animali caratteristiche di questi habitat. Per esempio, secondo Tucker & Evans (1997), più del 60% delle specie dell’ornitofauna, dipendenti dagli habitat pascolivi, hanno subito un ingente declino tra il 1970 ed il 2000. In particolare, tale contrazione della distribuzione delle specie animali e delle loro densità sono da attribuire ad una serie di fattori di minaccia concomitanti come l’aumento delle monocolture, l’uso della chimica in agricoltura nonché l’abbandono della campagna e della pastorizia nelle aree marginali.
Molti habitat ascrivibili alle praterie secondarie, quindi, sono oggi considerati di elevata importanza conservazionista sia per le caratteristiche intrinseche degli habitat stessi (Direttiva Habitat 43/92 CEE) che per la presenza di specie ornitiche protette a livello internazionale (alcune in pericolo di estinzione) (Direttiva Uccelli 79/409), come Anser erythropus, Aquila celiaca, Falco naumanni, Tetrax tetrax e Otis tarda.
In questi habitat di origine antropica, le attività di pascolamento contribuiscono da un lato al mantenimento di un cotico erboso diversificato, dall’altro limitano e contengono la naturale evoluzione della vegetazione verso formazioni pre-forestali (Hedin et al., 1972), non idonee per numerose specie tipiche delle aree aperte dove prevale la componente erbacea.
Fonte RUMINATIA
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